Breve storia dei calciatori cafoni

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I calciatori cafoni sono tanti. Troppi per citarli tutti – probabilmente troppi anche solo per ricordarseli. Anzi, purtroppo al giorno d’oggi se dici “calciatore” dici anche un po’ “cafone”. Seguendo quello stereotipo ingiusto che tutti quelli che giocano a calcio vanno in giro vestiti come rapper di seconda mano, vanno in giro col macchinone da 100.000 euro e quattro rolex al polso, hanno addosso più tatuaggi che peli e scelgono acconciature discutibili.

Ma noi non vogliamo parlare degli stereotipi. Perché gli stereotipi non ci interessano e forse dobbiamo pure combatterli. O forse non dobbiamo combatterli perché non ci interessano, e insomma non è questo il punto.
A noi interessano i calciatori cafoni di un altro livello. Un livello quasi professionistico. A noi interessano quei calciatori che hanno fatto della cafonaggine uno stile di vita: chi alla luce del sole, chi come un fiume carsico che è poi affiorato quando nessuno se l’aspettava.

Abbiamo deciso di raccontare un po’ di storie di questi calciatori cafoni. Che sono ognuno cafone a modo suo, e con sfumature diverse. Non vogliamo stilare una classifica, ma solo fare letteratura, come si suol dire. Ecco dunque alcune delle storie più commoventi, senza un ordine particolare.

Mettiamo insieme un po’ di tutto, mischiando il diavolo e l’acqua santa. Perdonateci, se potete.

Paul John ‘Gazza’ Gascoigne

Il caro vecchio Paul è un po’ il simbolo della sregolatezza del genio britannico. Di quella Gran Bretagna dei Lord che ha trovato i suoi eroi popolari in personaggi dediti agli eccessi. Specialmente gli eroi sportivi. Il primo è stato forse George Best, che però è stato troppo elegante per essere considerato cafone. Poi è arrivato Gazza, il suo degno erede.

Raccontare tutte le cafonate di Gascoigne è impossibile. Se ne ricordano bene i tifosi della Lazio, che lo videro arrivare tra pugni tra i tafferugli. Se ne ricorda Zoff, che risvegliandosi da un pisolino in bus – durante una trasferta – se lo ritrova di fianco mentre legge il giornale completamente nudo. Se lo ricordano i compagni al Tottenham, che un giorno lo danno per disperso: il pallone esce dal campo durante l’allenamento e Paul lo rincorre. “Lo prendo io”, dice. Torna al campo di allenamento il giorno dopo, come se niente fosse, urlando “Eccola, l’ho trovata!”.

Se lo ricordano i giornalisti a cui risponde ruttando, e se lo ricorda la BBC, che durante Italia ’90 – prima delle partite – manda le grafiche dei giocatori in rosa mentre dicono il loro nome. Solo che Gascoigne dice due parolacce a caso.

Il nostro episodio preferito, però, è quando Gazza ammonisce l’arbitro. Il direttore di gara perde il cartellino durante la partita tra i Glasgow Rangers e gli Hibernians: Paul lo raccoglie e, ridendo, lo alza verso di lui. L’arbitro non gradisce, ovviamente.

Wayne Rooney

Se Gascoigne è l’erede di Best, Rooney è l’erede di Gascoigne. Non a caso in patria iniziano presto a chiamarlo Wazza. Lui però è un po’ meno simpatico.
Il ragazzo comunque inizia presto la sua carriera di calciatore cafone, e a 18 anni già paga una massaggiatrice di 50 per fargli i massaggi dove sapete voi. Un vero professionista.

Il suo amore per l’alcool e le prostitute è quasi banale: lo trovano ubriaco o a letto con qualche escort praticamente ogni due settimane. Lui però ci aggiunge anche una propensione per il gioco d’azzardo: dopo una partita di Europa League lo pizzicano in un casinò, dove si è giocato 600.000 euro in un paio d’ore.

Il meglio di sé però lo dà a Glanstonbury, durante il famoso festival. Convince un membro della sicurezza a entrare nell’area riservata ai disabili per usare una toilette. Evidentemente non aveva voglia di fare la fila in area VIP (che sbatta fare la fila in area VIP). Qualcuno del pubblico però non la prende con filosofia, e inizia a rimproverarlo. E così i membri della sua compagnia – o almeno così pare – fanno scatenare una rissa. Classy.

Abbiamo inoltre detto che Rooney è meno simpatico di Gascoigne. Ma forse un po’ simpatico lo è anche lui.

Fábio Bilica

Criminali prestati casualmente al mondo del pallone, pt. 1. Si esagera, naturalmente. Forse.
Beh, non si può negare che Fabio Alves da Silva, detto Bilica, sia stato un idolo della tifoseria veneziana a cavallo del millennio. Specialmente da quella volta in cui parò un rigore a Shevchenko durante uno sciagurato Milan-Venezia. Bilica era un difensore di qualità tecniche modeste, ma si faceva apprezzare per essere un vero mastino: in Serie A vanta una media di un’espulsione all’anno.
In Turchia gli va meglio: viene squalificato 5 giornate per rissa.

Quando è ancora in Italia e gironzola svagato tra Brescia e Ancona, gli piomba sul groppone una serie di guai giudiziari. Nell’ordine: corruzione di minore, accusa di stupro, denuncia da parte della ex moglie per non aver pagato gli alimenti dei figli.
Dal 2000 al 2016 viene arrestato 5 volte. L’ultima volta lo prendono sul campo, alla fine di una partita. Masterclass.

Felipe Melo de Carvalho

Criminali prestati casualmente al mondo del pallone, pt. 2. Si esagera, ovviamente. Più o meno.

Felipe Melo è stato il grande acquisto della Juventus nel duemilaenahahahahahahahahahahahahahahahahahah. Vabbè, insomma. A parte questo, il centrocampista brasiliano è uno di quelli arroganti che piacciono a noi. Uno che prima di fare il calciatore, praticava jujitsu brasiliano, per prepararsi nel migliore dei modi al futuro. In Italia non ha brillato per doti calcistiche (a parte un anno buono alla Fiorentina) e non ha fatto vedere il meglio nemmeno di quelle extracalcistiche.

Quando si è trasferisce al Galatasaray, nel 2011, si sente finalmente a casa. Pochi mesi dopo prende a pugni il compagno Albert Riera durante un allenamento; fonti non confermate dicono che Riera sia finito in ospedale. Ma per Melo è solo un riscaldamento.
Nel settembre 2013 compie il suo capolavoro. Agli sgoccioli di un derby contro il Besiktas, si fa espellere per un intervento da macellaio; non pago, esce del campo provocando i tifosi avversari: si toglie la maglietta e la mostra alle tribune in segno di sfida. I suddetti tifosi – che in Turchia, si sa, sono pacatissimi – invadono in campo armati di sedie e bastoni, costringendo i calciatori a fuggire negli spogliatoi per salvare le ossa.

Al suo ritorno in Italia, prova a farsi notare per un tentativo di omicidio ai danni di Lucas Biglia. Ma anche queste sono briciole, in confronto. Il vero talento di Melo si esprime soprattutto fuori dal Belpaese.
In Sudamerica, per esempio, dove riesce a far scatenare un’altra bella rissa.
Durante una partita di Libertadores contro il Penarol, il nostro – in quel periodo al Palmeiras – si fa rincorrere da tutta la squadra, che lo spinge verso l’angolo. Il motivo? Una risposta a presunti insulti razzisti, pare; sicuramente provocazioni di vario genere e un bel gancio destro scagliato in faccia a un avversario.

Andrej Sergeevič Aršavin

Attestato di stima infinita per uno che, fallita la carriera da calciatore, decide di rubare un cavallo.

Tentiamo di ricostruire i fatti. Siamo a San Pietroburgo, in una fredda nottata del 2018. Che è fredda lo supponiamo perché siamo a San Pietroburgo e perché è dicembre.
Per scaldarsi, il caro Andreij passa la notte con due o più donne di dubbia rispettabilità in un nightclub di altrettanto dubbia rispettabilità. Ma chi siamo noi per giudicare? Anzi, forse lo invidiamo pure un poco.
La situazione per lui, però, è scomoda. È sposato, ma soprattutto ubriaco marcio. È ubriaco marcio quando esce dal locale assieme a una paio di spogliarelliste, che abbraccia con fare lascivo. È ubriaco marcio e non si ricorda, forse, di essere sposato. Se lo ricorda quando si accorge che in strada ci sono persone che lo guardano; e lo riconoscono.
Decide allora di uscire da questa situazione imbarazzante in un modo che solo un tizio ubriaco marcio poteva escogitare: ruba un cavallo e scappa.

Cosa ci faceva un cavallo per strada a San Pietroburgo in una fredda notte di dicembre? Non lo sappiamo. Non lo vogliamo sapere. Certe cose succedono perché devono succedere. Certe cose sono semplicemente nel posto giusto al momento giusto.

Arshavin scappa in groppa a un cavallo.

Zlatan Ibrahimovic

La cafonaggine al servizio del talento. Per molti Ibra sarebbe stato il migliore, se non fosse nato nell’era di Messi e Cristiano. Per qualcuno, Ibra è comunque il migliore; di oggi e di sempre: quel qualcuno è ovviamente lo stesso Ibra.

Zlatan non ha bisogno di cose eclatanti per essere cafone, e soprattutto per esserlo con uno stile inimitabile. Uno che fa gol con una rovesciata da 30 metri ha già di per sé vinto la classifica dei calciatori cafoni, con distacco, lode, bacio del Magnifico Rettore e tutto quanto. Ma comunque qualche episodio divertente ce l’ha regalato anche lui.

Credi in Dio? Bene, allora se credi in me puoi rilassarti.
– Ibrahimovic ad Ancelotti

L’episodio più famoso – sebbene non documentato – è la rissa tra Zlatan e Onyewu. Ed è l’unico motivo per cui qualcuno ancora si ricorda di Onyewu – due anni al Milan senza mai vedere il campo.
Il difensore americano pare non gradisca le provocazioni di Ibra, che lo scherza per via delle sue dimensioni. Non sappiamo se le dimensioni del corpo in generale o di qualcosa in particolare. Solo che se rispondi in malo modo allo zingaro, lui non la prende tanto bene. Finisce a calci e pugni, e all’attaccante viene poi diagnosticata una frattura a una costola.

Sempre in Italia si distingue per alcune meravigliose uscite in diretta TV. Lui non la manda mai a dire, del resto. Durante un’intervista a Mediaset si innervosisce perché Vera Spadini – di Sky – lo sta fissando. “Cazzo guardi?”, le chiede stizzito. L’intervista finisce, tra risatine imbarazzate.
Sbarcato negli Stati Uniti, continua a far parlare di sé sia per i gol pazzeschi che per le scaramucce. Come quella con Nedum Onuoha. Forse non ama i difensori grossi, di origine nigeriana, che hanno le lettere O e N all’inizio del cognome. Fatto sta che durante una sfida tra i suo Galaxy e il Real Salt Lake, i due si beccano e se le dicono per tutta la partita. Quando Ibrahimovic segna il gol del vantaggio, va a esultare in faccia a Onuoha. Poi lo segue negli spogliatoi. Li devono dividere, altrimenti non finisce a tè e biscotti.

La cafonaggine di Zlatan però ha avuto anche risvolti buoni. Quando un bambino, nel tunnel che porta al campo, gli dice di essere nervoso, lui gli risponde: “Impossibile: sei con me”.

Edmundo

Edmundo Alves de Souza Neto, detto O animal. Questo dovrebbe riassumere in maniera sufficiente il personaggio. Ma noi per completezza vi rimandiamo al ritratto che gli abbiamo dedicato tempo fa.

Joey Barton

Non si può non iniziare la storia di Barton senza dire che è in lizza come calciatore più violento della storia. Se la gioca probabilmente con Vinnie Jones e Roy Keane. Non a caso tutti inglesi. Tutti della stessa grande scuola.

Pure le cafonate di Barton meriterebbero un volume a sé stante. Proviamo a elencarne qualcuna.
Nel 2004, durante una cena tra giocatori e staff del Manchester City, spegne una sigaretta nell’occhio di un ragazzo della primavera. Multa.
Nel 2005, durante il ritiro del City in Thailandia, picchia un giovane tifoso dell’Everton. Multa.
Nel 2007, durante una trasferta alcoolica a Liverpool, picchia un sedicenne fuori da un locale e quasi lo uccide. Carcere.
Nello stesso anno scatena una rissa col compagno di squadra Ousmane Dabo. Gli provoca il distaccamento della retina con un pugno ben assestato. Carcere. Il City lo manda via a calci in culo, e lui se la lega al dito.
Quando gioca nel QPR, prova a vendicarsi della sua squadra. Viene espulso nel match contro il City per aver tirato una gomitata a Tevez. Reagisce bene e sferra una ginocchiata sulla schiena ad Aguero; poi va a tirare una testata a Kompany. Una serie non male di giornate di squalifica.

Finisce la carriera dopo una squalifica di 18 mesi. La FA non gradisce che in 10 anni di carriera abbia fatto oltre 1.200 scommesse.

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Foto di michael.kjaer (da Flickr)

Questa piccola lista di calciatori è ovviamente incompleta. Se avete altri suggerimenti e storie, commentate l’articolo! Oppure scriveteci a diretta@palledicuoio.com!