Fenomenologia del calcio di rigore

area di rigore

Il calcio di rigore, croce e delizia degli amanti del football. Il tiro dagli undici metri è una chimera per ogni calciatore: è un boccone infido che profuma di gloria, ma che può andare di traverso. O di traversa, nei casi più spettacolari.

Il rigore è un simbolo, un totem, un simulacro; è la vesica piscis del giuoco del calcio. Dici “calcio” e dici “rigore”, perché è in esso che il gioco si distilla, come in un essenza di tensione e concentrazione, calcolo ed alea, paura e speranza, rischio ed opportunità. È bello perché non c’è sempre, perché giunge come un premio per gli audaci o come un sorso d’acqua per gli assetati. È perfetto perché è quasi sempre decisivo.

È figlio e padre del momento più emozionante del gioco. Nulla può vincere l’intensità di quell’istante che intercorre tra il fallo in area e il fischio dell’arbitro. Una frazione di secondo che taglia il respiro e blocca il tempo in una bolla di speranza che esplode in gioia.

Ed è bellissimo, poi, seguire la preparazione del tiro, posata e meticolosa come la vestizione di un torero: lo sguardo tra compagni di squadra, la scelta del rigorista – che prende il pallone e lo appoggia con delicatezza sul dischetto, come un vaso di cristallo su un cuscino -, i lenti passi all’indietro, il secondo fischio che risuona nel silenzio religioso dello stadio, la rincorsa, il tiro, e infine…

Infine la tensione che si scioglie, in esultanza o in delusione; per un gol o per una parata, dipende da che parte stai.

Il rigore è epifania, i rigori lotteria; una rima non casuale. Come non è casuale che le partite più importanti si decidano con 10 esecuzioni dal dischetto: la massima punizione, moltiplicata, reiterata. Un rito ripetuto finché i nervi non si logorano. Finché qualcuno non vince. O perde.

“Blas Tronchón, Farinella, era il boia dei rigori, il fiero e freddo esecutore della pena di morte del calcio.”

– Camilo José Cela, Come coi cani a carnevale, in Undici racconti sul calcio

Genesi del penalty

Eppure il calcio di rigore non è sempre esistito. Lo ha inventato un portiere alla fine dell’Ottocento, o almeno così pare.

Siamo in un periodo non meglio precisato tra il 1885 e il 1890, quando il primo difensore del Milford Football Club trovò un modo per smorzare l’irruenza difensiva dei suoi stessi compagni. William McCrum è un giudice di pace nord-irlandese: non sappiamo nemmeno quando è nato, ma sappiamo che nel tempo libero fa il calciatore; gioca in porta, un ruolo consono a un giudice. Sta lì dove si ha tutto sotto controllo. E, ovviamente, fa parte dell’Irish Football Association.

william mccrum
Una statua di McCrum a Milford

McCrum propone di introdurre un tiro libero per chi subisse un fallo entro dodici iarde dalla linea di porta avversaria. Tiro che può essere calciato “da un un qualsiasi punto entro quelle dodici iarde, alle seguenti condizioni: tutti i giocatori, tranne quello che calcerà la punizione ed il portiere, devono stare almeno 6 iarde dietro la palla; la palla dovrà essere in gioco una volta calciata. Un gol può essere segnato da un calcio di rigore”. [Fonte: Wikipedia]

L’idea sulle prime è osteggiata e derisa, sia dai calciatori che dai tifosi. Ma le opinioni cominciano a farsi favorevoli probabilmente dopo un episodio accaduto durante  Sotke City-Notts County del 14 febbraio 1891: si assegna per la prima volta un tiro libero indiretto per un fallo di mano sulla linea di porta. De facto, il primo rigore della storia. E non viene segnato!

Dopo alcuni cambiamenti rispetto alla proposta originale, la regola sui calci di rigore viene approvata e introdotta nel regolamento il 2 giugno dello stesso anno.

Rigore è quando arbitro fischia

Molte cose sono cambiate da allora, ma la mitica frase di Vujadin Boškov mantiene sempre intatta la sua lapalissiana verità.

La storia recente, del resto, insegna; ed è pienissima di rigori contestati. Da Juve-Milan a Juve-Napoli, da Napoli-Crotone a Roma-Cesena: ogni fischio dell’arbitro è unto dall’olio sacro dell’irreversibilità, ma anche i migliori talvolta sbagliano. Altre volte li facciamo sbagliare noi, nella nostra testa: quando vediamo rigori che non ci sono o non vediamo quelli che ci sono. A riprova che il rigore è il sogno proibito di ogni tifoso. Come se il gol non bastasse. Come se solo il rigore ci permettesse di gioire appieno, di gioire doppiamente: perché ogni punto guadagnato è migliore se scaturisce dall’errore avversario.

Ogni tifoso è un po’ sadico, si sa. E quando arbitro fischia, si emoziona sempre.