Inter-Lazio: una nuova speranza.

Il titolo è non casualmente mutuato da Guerre stellari: Inter-Lazio è stata una partita fantascientifica. Per la bellezza del gioco espresso? Per le stelle presenti in campo? No: per l’approccio improbabile delle due squadre alla sfida. Finisce 2-2, ma il risultato è bugiardo (per entrambe).

Ranocchia in un disimpegno durante Inter-Lazio.
Ranocchia in un disimpegno durante Inter-Lazio.

La Lazio ha ambizioni da terzo posto: arrivare alla sosta con mezzo piede in Champions league consentirebbe a Lotito di non farsi andare di traverso il panettorum (perché, ricordiamolo, lui prende solo quello latino); Pioli rilancia Klose e si affida nuovamente a Felipe Anderson, che – per ripagare la fiducia del mister – fa letteralmente quel cazzo che vuole. Dall’altra parte, del resto, la Beneamata non c’è: e così, mentre Ranocchia e Giangesù giocano a mosca cieca in autostrada, il giovine brasiliano scuola Santos si tuffa su tutti i palloni e ne infila due in saccoccia, facendosi beffe degli uomini in gessato (ma, più che altro, ingessati). Nagatomo e Dodò sono pronti per essere ingaggiati dalla Melevisione, e infatti quest’ultimo è sostituito al 44′ per sopravvenuta disperazione dell’allenatore.

La nuova Inter del Mancio, dunque, entra in campo direttamente nel secondo tempo, mentre i biancocelesti ripartono con la quinta inserita. E infatti il motore s’ingolfa e la Lazio sparisce dalla partita: forse ormai certi del risultato acquisito e della pochezza dei nerazzurri, i capitolini vanno in vacanza con tre quarti d’ora d’anticipo e lasciano all’Inter il pallino del gioco (e questo fa capire quanto possano aver giocato di cacca). Ma forse è colpa del Meazza: per  chissà quale coincidenza stellare, tutta la partita si gioca su una sola metà campo: prima quella interista, poi quella laziale, ma l’erba calpestata è sempre la stessa. A riaprire le danze ci pensa Gatta ci Kovacic con un siluro dal limite su cui Marchetti tutto può ma nulla fa (francamente un pelo imbarazzante il portiere nell’occasione); i milanesi ci credono e mandano in gol persino Obi-Wan Palacio, che non segnava dall’esplosione della morte nera nel 1977.

Alla fine il pari è giusto, avendo giocato metà tempo a testa, ma in ognuno di quei tempi una delle due squadre ha talmente meritato di perdere, che il punto sembra regalato a entrambe. La Lazio ha bisogno di un salto di qualità mentale per puntare a più nobili traguardi, l’Inter invece ha bisogno che l’avversario smetta di giocare per poter puntare a guadagnare qualche punto.