Ritratti: Marcos Vampeta.

È un Tardelli moderno”.

– Giancarlo Antognoni, ex calciatore

Marcos André Batista Santos, detto Vampeta perché giocava nel Corinthias, nasce il 13 marzo 1974 a Nazaré das Farinha, un piccolo borgo brasiliano in cui tutti assomigliano a Gesù e fanno i panettieri. Lui, invece, fa il miracolo: fin da piccolo si appassiona di pallone e riesce, giovanissimo, a farsi notare dalle compagini calcistiche brasiliane. Per lui è la svolta.

A 19 anni arriva in prima squadra nel Vitoria: gioca solo 8 partite, ma è quanto basta per garantirgli un biglietto per l’Europa, per i Paesi bassi; assieme al connazionale Ronaldo, vola ad Eindhoven ed entra nelle file del PSV. Per la squadra non è una stagione felicissima – arriverà solo al terzo posto – ma per i due brasiliani è il trampolino di lancio per un futuro radioso: il Fenomeno nel ’96 finisce al Barcellona, mentre Vampeta è dato in prestito prima al VVV-Venlo (sì, esiste veramente), poi rispedito in patria, alla Fluminense. Torna in Olanda due anni più tardi perché nessuno lo vuole più, e lì esplode come uno dei migliori centrocampisti del mondo. Nel ’98 la saudade lo vince: torna al Corinthias.

Vampeta e l’europa: ritorno di fiamma.

 “È un po’ Rivelino, un po’ Dunga”.

– Vanderlei Luxemburgo, allenatore.

Vampeta quando ha scoperto la cifra che l'Inter gli avrebbe dato per non fare un cazzo.
Vampeta quando ha scoperto la cifra che l’Inter gli avrebbe dato per non fare un cazzo.

In patria il “diavolo vampiro” (questo, all’incirca, il significato del suo soprannome) prende più soldi e viene notato dai CT della nazionale brasiliana: vince il campionato e la coppa intercontinentale con il club paulista, è votato come miglior centrocampista dell’anno, inserito a gran voce nella squadra ideale dei migliori 11 del Sudamerica. Alcune grandi, tra cui la Fiorentina, gli mettono gli occhi addosso, ma nel 2000 è l’Inter a portarselo a casa per “soli” 30 miliardi delle vecchie lire e facendogli firmare un contratto triennale di 4 miliardi a stagione.

La sua avventura nerazzurra è un coitus interruptus: dopo tre mesi si mette fuori rosa da solo. Gioca otto partite (una sola in campionato), riuscendo a segnare solo in Supercoppa italiana, partita comunque vinta dalla Lazio di Eriksson. Un talento incompreso, una luce mai accesa; fu proprio Tardelli, subentrato a Lippi, a mettere una pietra sopra la sua parentesi interista: forse perché era fuori forma? Forse perché era svelto come un paracarro? Forse perché in otto partite non ha mai combinato un cazzo? Sono forse questi motivi sufficienti per lasciare in panchina il sex symbol di tutta la comunità gay brasiliana?

Su sua richiesta, viene dato in prestito al PSG, ma pure Parigi gli fa cagare. In un’intervista a Playboy dichiara: “Moratti sa tutto di petrolio, ma di “bola” non s’intende. Milano è una città di negozi dove piove sempre. Neppure Parigi mi piace: c’è la torre, ci sono i musei, ma preferisco la spiaggia di Bahia, per chi sa vivere non c’è posto migliore. La mia seconda patria è l’Olanda, un Paese libero: donne, droga, birra. La gente fuma, beve e si fa gli affari propri”. E voi potrete chiedervi perché, una volta comprato Playboy, uno dovrebbe leggersi l’intervista a Vampeta. Bella domanda.

È una sòla“.

– I tifosi dell’Inter.

Dopo Parigi solo il Brasile. Vince i campionati mondiali e gira molte squadre, dal Flamengo al beneamato Corinthias, dove a modo di giocare nel 2002 e nel 2007. In mezzo tante avventure, anche il Vitoria dove tutto iniziò. Eppure in Italia nessuno lo dimentica, e i supporter interisti ancora gli sputano addosso se lo incontrano per strada. Lui, per dispetto, finisce la carriera in una squadra che si chiama Juventus.

Nel 2010 si candida alle elezioni in Brasile e noi, sinceramente, non capiamo come sia possibile che adesso lui non sia presidente.