Sarri seems to be the hardest word

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Maurio Sarri è il nuovo allenatore della Juventus. Apriti cielo.

Il comandante, il rivoluzionario, il Che Guevara degli allenatori italiani è passato al nemico. L’uomo sanguigno, un po’ scorbutico che porta a cena la Vecchia Signora. Un tipo sanguigno, da pane, sopressa e un’ombra di rosso della casa, sedotto dalla più elegante delle maliarde. Le Nazionali senza filtro contro le Treasurer Aluminium; il Toscanello contro il Cubano.
Fai fatica a immaginarti qualcuno più lontano dallo stile Juve. Eppure Maurizio Sarri è riuscito a convincere la dirigenza bianconera a puntare proprio su di lui; e lui si è convinto ad accettare la sfida della vita. Il famoso treno che passa una volta sola.

Piani A e piani B: storie di delusioni

Le ultime settimane hanno visto svolgersi uno dei più pietosi capitoli del giornalismo sportivo italiano. Lo scontro feroce tra chi era sicuro di Sarri alla Juve e chi invece aveva fonti sicure su Pep Guardiola. Sono volate accuse, sberleffi, sfottò a volte simpatici e a volte fuori luogo. La maggior parte dei quali, bisogna dirlo, da parte di account twitter di credibilità dubbia; ma pure qualche giornalista non s’è risparmiato. Oggi per alcuni è giorno di paga, per altri è una doccia fredda. Nel mezzo qualcuno ha ipotizzato che Guardiola fosse effettivamente il Piano A, mentre l’ex di Napoli e Chelsea sarebbe stato solo un ripiego.

La questione ormai non ha più molta importanza. A Torino si apre un nuovo capitolo. Una svolta epocale. Eppure è un passo naturale se inserito nel percorso di questi ultimi otto anni. Eppure molti tifosi non sono contenti di questa scelta.
Sarri, oggi, è la parola più difficile da pronunciare.

Più che in altri, lo scontento monta tra i tifosi del Napoli: l’uomo simbolo della resistenza partenopea al palazzo sabaudo ha tradito. Già gli azzurri furono per Sarri un treno da non perdere: arrivare a lottare per lo scudetto dopo vent’anni di gavetta e una sola stagione di Serie A. All’ombra del Vesuvio ha compiuto il capolavoro, se ne è andato da eroe per vincere finalmente in Inghilterra; infine il passo che nessuno si sarebbe aspettato. La delusione è cocente.

Ma non sono contenti nemmeno tutti i tifosi bianconeri, che al mister rimproverano di aver parlato troppo e troppe volte contro la Juventus. Ne ha contestato i modi, le vittorie, il fatturato, etc. Ma non solo: gli juventini non dimenticano il dito medio che è stato rivolto loro in una famigerata occasione. Fu una risposta alle contestazione, ma questo al tifoso non importa. E c’è di più, perché quando non ti piace qualcuno, non puoi certo tollerarne le cadute di stile: il “frocio” rivolto a Mancini, il “non ti mando a fanculo perché sei donna” rivolto a una giornalista, e qualcos’altro. Neanche la tuta gli perdonano. Ma l’ultimo ad aver vinto la Champions a Torino era uno che andava in campo proprio in tuta, e col toscanello in bocca. Non si sa mai.

Eppure, dicevamo, a noi questo sembra un passo naturale.

Perché Sarri, e perché sì

In una puntata di qualche settimana fa parlavamo proprio dell’allenatore della Juventus. Abbiamo fatto il nome di Sarri un po’ per caso, senza crederci nemmeno un po’. Ci sbagliavamo, ovviamente. Pensavamo a un nome grosso o a una scommessa clamorosa: c’è stata la sparata Di Francesco, che era una sparata ma per noi aveva una sua logica. Una logica che però funziona anche per il tabagista più incallito del calcio europeo. Ve la spieghiamo in poche righe.

La Juve, da Conte in poi, ha proseguito per gradini. Lo stesso Conte è servito a restituire alla squadra e alla società una consapevolezza persa dopo l’addio di Ranieri. Due anni difficili, due settimi posti alla fine di due stagioni travagliate e tre allenatori cambiati. Antonio riportò fiducia e scudetti, ma fallì clamorosamente in Europa (mancando pure una finale di Europa League da giocarsi in casa).
Allegri – contestatissimo a sua volta – ha consolidato la supremazia bianconera in Italia e ha saputo ridarle una dignità europea: con Max sono arrivate due finale, e i bianconeri hanno saputo ritagliarsi un ruolo subito dietro le favoritissime di ogni anno. Qual è dunque il passo successivo, al di là della vittoria? La mentalità. In Europa, negli ultimi anni, ha risaltato chi ha saputo imporre il proprio gioco sull’avversario; caratteristica che il calcio attendista di Allegri non ha. E allora, finito il ciclo allegriano, serviva qualcuno per lavorare su questo aspetto.

Guardiola sarebbe stato un colpo clamoroso, che avrebbe alzato le aspettative in maniera esponenziale. Sarri è comunque un profilo perfetto dal punti di vista tecnico, almeno sulla carta. E in Europa è riuscito a vincere la prima volta che se l’è giocata con una squadra davvero competitiva. Se è stata solo una botta di culo, ce lo dirà il tempo.

Con Sarri cambia il gioco, ma anche il racconto

Sarri alla Juventus è un cambio di paradigma. A livello tattico ma anche a livello narrativo. Dopo l’agonismo esasperato di Conte e il pragmatismo di Allegri, a Torino ritorna un’idea romantica di calcio. La Juventus che può guadagnare tifosi in tutto il mondo non solo grazie al brand, ma grazie al gioco; portare i bambini allo stadio non solo grazie a Ronaldo, ma grazie allo spettacolo. La squadra del padrone che però è amata da tutti gli operai, perché sa mettersi al loro livello.
Per i disfattisti Sarri potrebbe essere il nuovo Maifredi. Potrebbe essere, però, il nuovo Vycpalek: un altro sanguigno, inguaribilmente romantico, che amava la tuta e che è stato capace di vere rivoluzioni tattiche.

Se l’incontro non funziona, stagione fallimentare e dimissioni a febbraio. Se l’incontro funziona, però, c’è il rischio che il comandante possa riscrivere la storia. E dopo il calcio champagne, la Juventus potrebbe avere il suo calcio tabacco.