Se Nibali vince il tour.

Povera Italia, l’Italia sportiva di questa povera estate. Quando tutto il paese si ferma per guardare gli azzurri del pallone, si ferma anche un po’ il tempo della vita normale: il lavoro, le tasse, le delusioni, la fatica; per un mesetto – se tutto va bene – anche l’Italia può godere del suo limbo fatto di scampoli di tempo rubato, 90 minuti alla volta. Ma quest’estate l’Italia è rimasta sospesa per poco, qualche giorno appena. Il calcio ha fallito nell’impresa di regalare un respiro a una nazione che ha bisogno di distrarsi. Dove ha fallito il calcio, però, può riuscire – dopo tanto tempo – il ciclismo.

L’ultimo eroe tricolore sulle strade d’oltralpe è stato Marco Pantani, l’uomo che ha fatto salire tutta l’Italia in bicicletta: era il 1998, poco prima dello scandalo, della squalifica, del disastro. Da allora solo Ivan Basso è riuscito a donare qualche flebile speranza al Belpaese, ma nel 2005 Lance Armstrong era ancora, per l’ultima volta, imbattibile.

Oggi un nome nuovo (si fa per dire) dà nuova linfa alle pretese italiane di vittoria; un nome che viene dal sud, dal caldo di Messina, e che ha conquistato a furia di pedalate l’attenzione di tutto il mondo dello sport, secondo azzurro dopo Gimondi a salire sul podio dei tre grandi giri delle due ruote: Vincenzo Nibali. Una sua vittoria in terra francese potrebbe ridestare quell’orgoglio nazional-popolare che la disfatta di Prandelli ha azzoppatto dopo la spedizione in Brasile: la vittoria di Nibali sarebbe storica, dunque, non solo perché lontana sedici anni da quella di Pantani, ma perché riuscirebbe a spezzare il monpolio calcistico dell’attenzione mediatica e ridare lustro al nostro movimento sportivo, stuzzicando gli animi di un pubblico esigente.

In questi giorni sapremo se il sogno può diventare realtà, le prossime tre tappe saranno decisive. Se Nibali vince il tour, l’Italia può tornare – per un istante – a festeggiare.

Dopo il Pirata, potrebbe finalmente toccare allo Squalo.