Lo spartito del calcio. I trapper e le maglie da gioco.

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Per questo terzo approfondimentoo, ci spostiamo dall’Inghilterra e approdiamo nel nostro Bel Paese. Non solo, cambiamo anche genere musicale. Non solo, non parliamo più di contenuti ma di pura estetica formale.

Passiamo alla trap, non da intendersi come la signora Trapattoni – da ascoltare, a proposito, i nostri podcast sui quali abbiamo tracciato la genealogia di questo genere musicale partendo dal suo padre fondatore Giovanni Trapattoni – bensì come costola del genere rap.

Breve storia della trap

Partiamo da una definizione e da un dato di fatto. La definizione, secondo Wikipedia è: “La trap è un sottogenere musicale dell’hip hop, derivante dal southern hip hop, nato nel sud degli Stati Uniti e sviluppatosi nel corso degli anni 2000. La musica trap è caratterizzata da testi cupi e minacciosi, che comunque possono essere molto diversi per ogni trapper. I temi tipici rappresentati nei testi sono la vita di strada tra criminalità e disagio, la povertà, la violenza, lo spaccio di sostanze stupefacenti, e le dure esperienze che l’artista ha affrontato nei dintorni della sua città.

La parola “trap” deriva da trap house, appartamenti abbandonati (solitamente nei sobborghi di Atlanta) dove gli spacciatori americani preparano e spacciano sostanze stupefacenti. Inoltre la parola trapping in slang significa “spacciare”. Questa musica è infatti molto legata ad ambienti e tematiche relative a vendita e dipendenza da droghe: inizialmente non è un genere vero e proprio, fino ai primi anni 2000 il termine indicava semplicemente un luogo (le trap house, appunto); successivamente comincia a essere utilizzato per indicare la musica legata a quel contesto. In anni più recenti l’etichetta “trap” viene associata pure a brani e artisti che utilizzano determinati suoni, anche se nulla hanno a che vedere con il mondo delle trap house di Atlanta (ad esempio nel caso della EDM trap). Tra queste caratteristiche sonore vi sono suoni di batteria presi dalla drum machine Roland TR-808, kick pesanti, sub-bassi distorti tipicamente dub, hi-hat a velocità doppia con frequenti rullate e un tempo che mediamente si attesta tra i 120 e i 170 bpm. La parte strumentale è di solito realizzata con sintetizzatori e VSTi, con melodie minimali, ripetitive, aggressive e/o ipnotiche[8]. Se le principali influenze musicali sono il Southern rap e la Miami bass, con il tempo e la crescita della popolarità di questo sound si creano ulteriori sottogeneri che mescolano anche altre influenze a livello sonoro e di immaginario”.

Il dato di fatto è che la trap al momento è un fenomeno diffuso e molto seguito, interessante per i suoi sviluppi e logicamente, come ogni altro lato della medaglia insegna, stucchevole nelle sue eccessive ripetizioni stereotipate. La trap è talmente ascoltata che nell’ultima edizione del Festival di Sanremo il rapper Mahoomod ha vinto con una canzone la cui base è stata scritta da Charlie Charles, uno dei maggiori produttori ed esponenti del genere.

La trap(pola) del fuorigioco

La trap non parla di calcio, ha altre logiche e prospettive, eppure – identificandosi con una certa cultura di strada – ha trovato nel calcio un elemento popolare e di periferia visivamente molto forte.

Mi riferisco al concetto che lega il tifo – ovviamente con alcune stereotipazioni – all’immagine di una certa working class aggressiva post hooligan, dove un determinato immaginario ben si sposa al tema della violenza urbana. Se il motivo di tale connubio estetico non risiedesse in questa matrice working/unemplyed class, possiamo allora attestare una nuova attenzione al fashion football.

Nel suo picco più commercialmente più alto, infatti, il calcio ha creato il fashion della maglia. Quella jersey indossata dai giocatori – fin a qualche hanno fa relegata alla passione del collezionista o all’esaltazione del tifoso da curva – ora è stata riletta e attualizzata. La maglia da calcio ora, non solo è un capo d’abbigliamento accettato ma una vera tendenza e, in base a questo trend, le varie marche hanno ripensato il proprio look intercettando questi linguaggi urbani.

Ora, per arrivare al punto: nei loro video molti trapper fanno sfoggio di maglie da calcio; dal Chelsea, al Celtic, dal Verona al Boca.

La maglia come marcatore visivo

In uno dei suoi primi video – Wasabi Freestye (pezzo davvero interessante dove si capisce tutta la distanza tra la metrica rap old school e quella trap) – Tedua indossa la maglia del Boca Juniors, per la precisione quella della stagione del ritorno di Carlitos Tevez dopo l’esperienza juventina. Tutto il video, interamente girato all’interno di una lavanderia a gettoni, è incentrato su Tedua e su suoi movimenti – per una certa declinazione della trap i movimenti sincopati sono fondamentali. Per tutto il video Tedua canta con addosso la maglia degli Xeneises.

La costruzione del video del brano Sissignore – del trapper milanese Rkomi, dall’EP Dasein Sollen – è davvero interessante: rappresenta una sorta di summa di stereotipi in cui anche la scelta delle maglie da calcio indossate gioca un suo ruolo. All’inizio del video si vede Rkomi avanzare di spalle tra i banchi di un mercato affollato fino a giungere ad un trono di vimini bianco sollevato da due ragazzi. Uno dei due indossa la seconda maglia del Napoli di quella stagione. Entrambi i ragazzi fungono da bodyguard di quartiere: capello rasato, fisico palestrato, occhialone da sole e treni di sigarette creano una certa estetica – molto italiana nelle sue mancanze – completata da un terzo ragazzo con un pitbull, che apre il corteo. Penso che la scelta del Napoli in un quartiere milanese abbia una valenza non tanto di apparenza, quanto di certificazione di virilità e differenza “molesta”; scelta del tutto appropriata quando si imposta il discorso sul “noi contro loro”.
Scena seguente. Ci troviamo in un playground delle corti interne di qualche casa popolare. Achille Lauro (trapper romano, anche lui quest’anno in concorso a San Remo) ha impostato gran parte della sua estetica sulla rivisitazione del quartiere popolare/casermone di cemento. Sulle vecchie strutture di tre altalene rotte, altrettanti ragazzi a petto nudo rigorosamente tatuati fanno sfoggio della spavalda gioventù, quella che ogni tre secondi ti chiede “che cazzo guardi?”. E poi ti ricorda che per loro il quartiere è come una famiglia, che siamo cresciuti tutti qua e che tu qua non c’entri nulla, anzi, vattene. In questa troppo stereotipata sequenza, uno dei ragazzi indossa la maglia del Borussia Dortmund. La tifoseria del Borussia è una delle più calde e schierate d’Europa tant’è che ai tempi di Jurgen Kloop la società girò uno spot anti nazismo che è un passo più avanti dello Stop Racism dell’UEFA. Inoltre il Borussia è gemellato con il Napoli. Tutto acquista un senso, per lo meno nella mia narrazione.

Nella canzone Scarpe da PusherJamhil canta con la tuta Verona. Nel brano del bresciano Slava POTA F**A ALÜRA ENCÜLET, qualcuno gira con la  maglia delle rondinelle. Nel featuring Tedua-Sfera Ebbasta per il brano Lingerie, Sfera indossa la tuta della Nazionale Italiana ai Mondiali del ’90 – nella versione riproposta ultimante dalla Diadora.

Di nuovo Rkomi, nella sua Dasein Sollen, indossa la maglia dell’Arsenal, mentre una bandiera del Napoli sventola da un balcone. Nuovamente Tedua, sempre in versione sudamericana, indossa la maglia della nazionale colombiana nel video di Pugile, girato proprio in Colombia. Poi abbiamo un tripudio di maglie e tute nel video di Kest Porsche Panamera. Abbiamo le tute della nazionale olandese, dell’Inter, del Barcellona, nonché una maglia del Portogallo indossata da un bambino. Anche nel video di Tobe Tinez ft Tedua – In zona – vediamo: maglia Manchester United; bandiera Forza Foggia; tuta Napoli e tuta Borussia.

Sintomo o conseguenza?

Attraverso questa carellata di immagini potremmo quasi affermare che il calcio sia stato spogliato da ogni sua valenza di appartenenza e che l’intercambiabilità della maglia rappresenti il libro mai scritto di Zygmunt Bauman: Il calcio allo stato liquido. Ovviamente sono elucubrazioni in stile Pistocchi davanti alla moviola; fatto sta che all’interno di un certo immaginario musicale nessuno è più tifoso di un trapper.