L’orda d’oro inglese: Jack Grealish, ovvero, incassare un pugno e vincere un derby (I Parte)

Jack Grealish è un centrocampista offensivo/mezz’ala classe 1995. È il capitano e il leader dell’Aston Villa, la squadra che il principe William ha scelto di tifare per distaccarsi dai suoi amici facoltosi e darsi uno tono da working class. La squadra del quartiere di Aston dove è nato Ozzy Osbourne, dio supremo dell’heavy metal, fondatore dei Black Sabbath. La squadra che nel 1982, alla sua prima apparizione, vinse la Coppa Campioni in finale contro il Bayern Monaco. In quella stagione il tecnico dello “scudetto” Ron Saunders aveva dato le dimissioni lasciando il posto al suo vice Tony Barton.I Villans arrivarono undicesimi in quel campionato ma nessuno ci fece caso. In una squadra così, la tradizione, come per il Nottingham di Brian Clough, va oltre il presente altalenante. 

26 maggio 1982. Aston Villa sul tetto d’Europa grazie alla vittoria in finale contro il Bayern Monaco (1-0. Peter Withe al 67esimo )

Grealish, prodotto del vivaio, ha sempre militato nei Villans – escludendo un anno in prestito al Notts County – e l’hanno scorso è stato l’artefice principale della promozione in Premier con 6 goal in 34 presenze.

Grealish indossa il numero 10 ma è un 8½. Un Gascoigne che preferisce portare palla e accentrarsi anziché lavorare sugli inserimenti. È un giocatore estremamente fisico e con tiro potentissimo. Tocca un quantitativo industriale di palloni e speso si trova in fase di recupero. È il raccordo tra la vecchia e la nuova scuola. È il primo di questa orda d’oro non solo perché è il più “grande” ma perché è riuscito a riportare un’iconicità ad un calcio slavato e apatico. Grealish è abbronzato in ogni stagione dell’anno, si stira e piastra i capelli all’indietro con una dedizione maniacale e ha un culo così basso che sembri porti i pantaloncini di un dodicenne da quanto gli stanno stretti. Gioca con i calzettoni sempre bassi e questa cosa è magnifica perché ci porta dritti ai tempi di Omar Sivori. Oltre al look c’è il carattere. Nel 2015 le sue foto da ubriaco, svenuto in vacanza a Tenerife, fecero il giro di ogni tabloid. Nelle foto Grealish è steso in mezzo ad una strada completamente privo di sensi. Poi ci fu la questione dell’hippy crack e poi quella delle foto postate ad una festa dopo aver perso pesantemente 4-0 contro l’Everton. Oltre al carattere e il look, c’è però la vera essenza. Grealish è un giocatore che a soli venticinque anni (ancora da compiere) rappresenta una parte della città e la sua icona non poteva del resto che non nascere in un derby con gli odiati rivali del Birmingham.

Estate 2015, Tenerife. Un ventenne Grealish ubriaco, svenuto in mezzo alla strada.

Successe tutto poco più di un anno fa, per l’esattezza il 10 marzo 2019. Sia i Villans che i Blues militavano in Championship e quel derby di ritorno si giocava al St.Andrew in un pomeriggio quasi estivo. All’andata l’Aston Villa si era imposta in casa per 4-2 pertanto il Birmingham voleva rifarsi e dare un senso ad una stagione piatta da metà classifica. La partita era iniziata da soli 9 minuti e i giocatori dell’Aston Villa avevano guadagnato un calcio d’angolo sotto il settore dei padroni di casa. Ognuno stava prendendo posizione e Jack si stava incamminando verso il centro dell’area quando il corpulento tifoso del Birmingham, Paul Mitchell, decise di superare il cordone degli steward e dirigersi verso l’area di rigore. La sua corsa è veloce, Jack è girato di spalle. Tutto avviene in un secondo e un attimo dopo ecco Mitchell sferrare un destro alla mascella di Grealish e mandarlo a terra. Si scatena un parapiglia e stavolta gli steward riescono a fare il for dovere difendendo Mitchell soprattutto dalla furia di Tammy Abraham.

Il momento del pugno.

Jack, però, è uno che sa come incassare e come svenire. Va giù solo per la sorpresa del tutto, ma non si rantola, dimena o porta le mani al volto. Si siede a gambe larghe sorride e si rialza. Mitchell viene portato fuori a forza e Jack riprende la sua posizione dicendo a tutti che non c’è problema. Per la cronaca  e per la statistica Jack in quella stagione subirà 161 falli, più di ogni altro giocatore. Non sarà quindi Mitchell a rovinargli il derby…anzi.

La partita continua spigolosa e cattiva come ogni buon derby con i Villans che esercitano la loro pressione e il loro  maggior carisma sugli avversari. Poi, al minuto ’67 ecco esplodere definitivamente l’icona Grealish.Per la storia dei Villans il minuto ’67 non è come gli altri. Infatti il 26 maggio 1982 a Rotterdam, al 67esimo Peter Withe decise la finale di Coppa Campioni contro il Bayern Monaco. Siamo ancora sullo 0-0, limite dell’area Birmingham. Anwar El Ghazi, esterno destro ex Ajax, scarica per Grealish quasi all’altezza della lunetta dell’area, Jack, è libero, troppo libero, per essere vero e per non approfittarne. Jack stoppa con il destro e si sposta la palla sul sinistro, fa una finta, il marcatore non accorcia, poi due passi in area e, quando vede la traiettoria giusta, lascia partire un sinistro sporco all’angolino. Imparabile.

Il momento del goal.

Tutto questo sotto lo spicchio dei tifosi Villans verso i quali corre e si tuffa. Tutto scritto come da classico copione epico dove l’eroe cade, si rialza e porta alla vittoria il suo popolo.La classica storia di redenzione che ha reso Rocky un cult.

Al minuto ’84 Jack viene richiamato in panchina tra gli applausi. Lascia la fascia al gigante Mings ma è solo per una sostituzione. Quella fascia, dopo un giorno così, è marchiata a pelle.

Nell’intervista a fine partita Jack dirà: “è stato il giorno più bello della mia vita.”