Il genere del VAR (una volta per tutte)

VAR e AVAR

Il o la VAR? Il genere della novità più attesa (e già contestata) del calcio italiano è argomento dibattuto. Come se sul resto già non si dibattesse abbastanza.

Maschile o femminile?

Il titolo dell’articolo dovrebbe suggerirvi la nostra risposta. Ognuno comunque dice la sua sulla faccenda, e – come sempre accade nelle lingue vive – sarà l’uso a definire la norma. Possiamo però già dire che la questione è più semplice di quanto sembra.

VAR e AVAR: facciamo chiarezza

Una sperimentale richiesta d’intervento VAR.

Innanzitutto sciogliamo un grosso equivoco: VAR non è una tecnologia. La sigla sta per Video Assistant Referee, che si può tradurre in italiano con “arbitro video-assistente (cioè “che assiste con il video”). Non è dunque una cosa, è una persona; anzi, due: i VAR sono i componenti del sestetto arbitrale che controllano le moviole. Sono quei due che fino all’anno scorso stavano sui lati corti del campo e venivano chiamati arbitri di porta; e che oggi stanno invece in una stanza, di fronte a uno schermo. Per essere precisi fino in fondo, uno dei due è propriamente detto AVAR, ovvero Assistant Video Assistant Referee. L’arbitro che assiste l’arbitro che assiste coi video. Un tantino ridondante, invero.

Quando si parla di “tecnologia VAR” si commette quindi un’inesattezza. È più corretto parlare di “sistema VAR”, quando parliamo del complesso di attività che coinvolgono l’arbitro e i suoi assistenti adetti al vaglio dei replay.

Ma quindi è maschile o femminile?

È maschile. E dopo quanto vi abbiamo spiegato sopra, non dovrebbero esserci dubbi. Ma se avete dubbi, ci facciamo supportare dalla grammatica italiana. Citiamo per praticità l’Enciclopedia Treccani:

[…] è opportuno sciogliere tra parentesi la sigla la prima volta che viene usata o dare all’inizio del testo l’elenco di tutte le sigle sciolte per esplicitarne il significato e per chiarirne le caratteristiche grammaticali. Stabilire qual è l’elemento portante della sequenza (la ‘testa’) permette, infatti, di determinare se la sigla è maschile o femminile, singolare o plurale e di accordarla in genere e numero con gli altri elementi della frase. Per es., nella frase La SIG (Società italiana di glottologia) si è riunita per un convegno, l’accordo è al femminile singolare perché dipende dalla parola Società.

In VAR la parola da cui dipende la sigla è “Referee” (arbitro), che è di genere maschile. Per cui la sigla va declinata al maschile.

E sì, anche noi abbiamo precedentemente commesso un errore. 🙂

 

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