Nostalgia dei numeri di maglia (quelli di una volta).

 

Un tempo nel calcio i numeri di maglia si assegnavano in modo molto semplice: chi entrava in campo aveva sulla schiena i numeri dall’uno all’undici, in ordine a partire dal portiere. E così inevitabilmente i numeri di maglia andavano a definire un ruolo abbastanza preciso: l’1 è il portiere, il 3 il difensore di fascia, il 9 è l’ala o la punta di movimento, l’11 è la prima punta, il 10 è la seconda punta dai piedi buoni, il fantasista. Spesso il numero 10 era il campionissimo; quelle maglia avevano un valore.

Ora tutto questo è andato un po’ a farsi benedire e ognuno prende il numero di maglia che preferisce, dall’1+8 storico di Zamorano all’Inter, ai vari 32, 69, 98.564 etc. etc.

Ora i numeri di maglia non hanno più la valenza d’un tempo e un po’ ce ne dispiace; non si sente più dire “quello è un numero 10”. Perché il numero 10 ormai lo si dà a chiunque e pure con qualche tuffo al cuore. Spieghiamoci: per noi che siamo cresciuti con numeri 10 “puri” come Platini, Maradona, Baggio, o gli ultimi sopravvissuti come Totti e Del Piero… ecco, per noi che da bambini sognavamo con numeri 10 di questo calibro, vedere un numero 10 sulle spalle di Maxi Lopez è motivo di emorroidi fulminee.

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