René Higuita: ode al re scorpione

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René Higuita è stato un fuoriclasse, anche se non tutti se lo ricordano. Non è stato il miglior portiere del mondo, ma lui non era solo un portiere: era un fantasista.

El loco – così lo chiamavano, e potete immaginare perché – era uno che faceva sognare e incazzare. Uno che giocava per divertire e per divertirsi. Higuita era un portiere irrequieto, che faticava a stare fermo in porta. A lui piaceva uscire, anticipare l’avversario, dribbrarlo, andare in attacco, segnare. È stato uno dei portieri più prolifici della storia del calcio: quasi 50 reti segnate, tra punizioni, rigori, azioni sconsiderate in zone di campo di competenza altrui.

Uno senza mezze misure.

René Higuita nasce a Medellin il 27 agosto 1966. Cinquantuno anni fa nasceva uno showman prestato allo sport.

René Higuita: croci e delizie

Uno come Higuita non si può definire. È stato il Maradona del suo ruolo, e come El pibe de oro aveva un carattere irrequieto e discutibile. Dentro e fuori dal campo.

Per il suo modo di giocare oltremodo spericolato, Higuita è stato amato e odiato dai tifosi, voluto e temuto dai tecnici. Le sue incursioni fuori dall’area potevano essere tanto efficaci quanto disastrose: in ogni caso, erano una gioia per gli occhi. El loco non amava stare dentro la sua area: quando un avversario gli si avvicinava, lui gli correva incontro travolgendolo come un bufalo in piena carica. Quando aveva il pallone tra i piedi, spesso partiva in proiezioni d’attacco, come Lucio ai bei tempi. Altro ruolo ma stessi risultati altalenanti: o andava bene, o c’era da mettersi le mani nei capelli.

Higuita diventa titolare in Nazionale già nel 1990, a 24 anni, e va a giocarsi il mondiale. La sua Colombia arriva agli ottavi di finale grazie a lui: contro la Germania dell’Ovest (che vincerà il torneo) i suoi interventi permettono di ottenere il pareggio e il passaggio del turno. Contro la Jugoslavia – in un partita poi persa – para un rigore ad Hadzibegic. In quel girone è uno dei migliori.

Ma lui non è uno qualsiasi, e alla fine la sua Colombia esce agli ottavi per colpa sua. Contro il Camerun, sullo 0-0, decide a un certo punto di portarsi in avanti. La partita scivola verso un pareggio sicuro e ha bisogno di una scossa, ma ne arriva una diversa da quella che lui pensava: un compagno gli fa un passaggio sciagurato, lui tenta un dribbling sulla trequarti, Roger Milla gli ruba la palla e insacca a porta vuota. Africani ai quarti e Cafeteros a casa.

René Higuita è così. Prendere o lasciare. La gente lo ha sempre amato comunque (per sua fortuna, perché 4 anni più tardi al suo compagno Andrés Escobar non andò altrettanto bene…)

Anche la sua vita privata è stata turbolenta. Nel 1993 viene arrestato e rimane in prigione sette mesi, perdendo così la possibilità di giocare il mondiale del 1994 negli USA. Lo arrestano perché una famiglia lo assume per fare da intermediario – non autorizzato dal governo – in un caso di sequestro: è lui a intercedere col suo amico Pablo Escobar, il boss del cartello, per il rilascio di un uomo rapito. Riceve oltre 60.000 dollari per il servizio, e la polizia lo accusa di aver contribuito al rapimento stesso con lo scopo di estorcere una percentuale sul riscatto. Lui successivamente dichiarerà: “Sono un calciatore, non ne sapevo niente di legislazione sui rapimenti”. Semplice.

Nel 2004 viene trovato positivo alla cocaina, e per questo lo sospendono dall’attività agonistica. Si sottopone a diversi interventi di chirurgia estetica e si dà alla televisione, in un’edizione colombiana de L’isola dei famosi. Nel 2007 torna però a giocare, per ritirarsi definitivamente solo nel 2010, a 44 anni.

René Higuita è così. Prendere o lasciare.

Il gesto supremo: Lo scorpione

Le grandi cifre, nel calcio, si spendono da sempre per gli attaccanti, o per i giocatori talentuosi. Per quelli che segnano, o per quelli che fanno sognare. Eppure il piu bel gesto tecnico della storia del calcio è stato quello di un portiere. Il più bello perché il più inaspettato, il più inspiegabilmente futile; il più rischioso, il più strabiliante.

In un’amichevole in cui la sua Colombia affrontava l’Inghilterra, René Higuita decide di parare un pallonetto di Jamie Redknapp con una rovesciata in avanti, colpendo il pallone con la suola delle scarpe. Avrebbe potuto comodamente prendere la palla tra le mani, annullando un’azione innocua con un intervento facile. 

Ma il calcio è passione, è diveritimento, è inventiva e voglia di stupire. I fantasisti sono amati perché sanno far divertire, sanno fare la cosa che non ti aspetti; agiscono prima di pensare. Così in quell’istante Higuita decide che riuscire a stupire il pubblico val bene il rischio di prendere un gol. Se l’avesse preso, quel gol, sarebbe stato deriso da chiunque fino alla fine della sua carriera. Invece quel gol non l’ha preso, ed è passato alla storia.

 

 

In ogni caso, grazie di tutto

Higuita non ha avuto una carriera folgorante. Non è difficile da capire: imprevedibile, ingestibile, inaffidabile. Ha dato tutto il suo meglio nell’Atletico Nacional di Medellin, dal 1986 al 1997. Ha assaggiato l’Europa solo per una stagione: nel 1992/93 ha giocato per il Real Valladolid, ma non gli è andata benissimo. Troppo matto, El loco, per i campionati del vecchio continente.

In Sudamerica ha vinto due campionati colombiani, una Copa Libertadores, una Copa Intramericana. Poco, per un genio come lui. O forse pure troppo.

Noi lo abbiamo amato e lo amiamo ancora, perché lo sport ha bisogno, ogni tanto, di essere come lui: imprevedibile. ingestibile. inaffidabile. Solo così si può sognare un po’.

Grazie René, tu sì che ci hai fatto sognare.

 

 

P.S.

Dal 2008 Higuita fa l’allenatore dei portieri. Chi meglio di lui?